La ricerca è un atto di cittadinanza

Il valore politico della conoscenza

La ricerca è un atto di cittadinanza fondamentale. Quando parla di cittadinanza, il Center for Generative Communication non intende una condizione di appartenenza passiva ad uno Stato, ad una comunità, ma una modalità di pensiero e di azione che mette i soggetti in condizione di contribuire attivamente, creativamente, liberamente all’ideazione, alla continua progettazione e alla realizzazione delle comunità di cui decidono di far parte.

In una realtà socialmente, economicamente e culturalmente sempre più complessa com’è quella in cui viviamo – dove il digitale e il processo di mondializzazione stanno facendo sì che tutto e tutti siano connessi tra di loro – il rapporto fra conoscenza, ricerca avanzata, tecnica e specialistica, da una parte, e esperienze e attività appartenenti alla sfera del quotidiano, dall’altra, è destinato a cambiare radicalmente.

La nostra, infatti, è una realtà in continua trasformazione, spesso anche contro la nostra volontà, perché l’uomo ha messo in moto sistemi e processi di trasformazione così potenti che mai in passato aveva creato: il problema che ci troviamo a dover affrontare è che la nostra capacità di previsione dei loro effetti appare sempre più debole, limitata, inaffidabile; così come le nostre capacità di progettazione e di controllo degli stessi.

Questa criticità, con la conseguente impressione di essere trascinati da una deriva socio-economica oltre che, naturalmente, culturale, esistenziale, può essere arginata soltanto favorendo la collaborazione, cooperando, e soprattutto rafforzando tutti insieme, ognuno attivandosi negli ambiti in cui si trova ad agire, un modo di pensare e un modo di operare che valorizza la conoscenza del mondo naturale e artificiale in cui siamo immersi. Analizzando e valutando come questi nostri strumenti, capaci di apportare trasformazioni immense, interagiscono con noi e come noi riusciamo ad interagire con loro.

In gioco, dunque, c’è la relazione tra scientia e usus; una relazione che deve essere basata sul comune obiettivo di soddisfare i bisogni sempre in trasformazione dei singoli cittadini, così come delle organizzazioni e delle istituzioni del territorio.

 

Il valore etico della ricerca

Importanti elementi di conoscenza sono presenti in ogni manifestazione della vita quotidiana: dal lavoro più semplice e apparentemente lontano dalla ricerca, così come tradizionalmente intesa, al quello che istituzionalmente è identificato come un’attività professionale di ricerca.

La ricerca, infatti, è compito degli scienziati, ma l’intelligenza e l’esperienza della gente comune sono un bacino di conoscenze e di sperimentazioni non meno importanti. La conoscenza necessita di una continua collaborazione fra questi due gruppi per scrivere una storia comune e liberamente condivisa.

Tale prospettiva è destinata a sconvolgere radicalmente e la vecchia idea che vedeva nel fare scienza, nell’attività mirata ad ampliare la conoscenza, un’occupazione riservata ad un gruppo ristretto di individui, stregoni di vecchia e nuova generazione, ad un’élite riconosciuta e premiata sul piano sociale.

Se non vogliamo farci travolgere da questa deriva, e recuperare il profondo senso sociale e politico della ricerca, dobbiamo analizzare nel profondo cosa sia la conoscenza e cosa la ricerca, quale sia il loro rapporto con le pratiche e i bisogni quotidiani, chi ne siano gli attori, consapevoli o inconsapevoli.

Una prospettiva in cui diventa essenziale avviare una riflessione sul valore etico e morale della ricerca e della sua applicazione ai contesti quotidiani di vita delle persone e delle comunità.

 

La nuova alleanza tra scientia e usus

È urgente elaborare un nuovo paradigma di ricerca la cui presenza va scoperta – pur in una prospettiva di grandissime diversità in termini di ruoli, di obiettivi, di responsabilità – in ogni attività umana, in ogni impresa, in ogni organizzazione. Non è più sostenibile oggi (se mai lo è stato) pensare che ci sia da una parte chi produce conoscenze e dall’altra parte – successivamente – chi è chiamato ad applicare quelle scoperte nei contesti produttivi o nelle realtà sociali.

Ideare, progettare, implementare, sperimentare, comunicare e, infine, monitorare non sono fasi consequenziali di un processo lineare, compartimenti stagni rigorosamente parcellizzati in cui il ruolo dei cittadini è solo quello di consumatori finali. Abbracciando il pensiero complesso e il paradigma generativo della comunicazione, quelle sopra elencate diventano fasi caratterizzate da compresenza a variabilità di peso, dove c’è una compresenza di attori sociali: sia coloro che si occupano istituzionalmente di ricerca, che quelli che sono portatori di conoscenze più operative.

Il paradigma generativo della comunicazione dà un contributo essenziale per costruire questa trama d’interazioni continue in una prospettiva di community building, in una prospettiva di condivisione e di coinvolgimento.