Categoria: Trame
Cura di sé, cura del pianeta
Cura di sé, cura del pianeta
Community building per la sostenibilità
La ricerca del CfGC
La nostra salute è indissolubilmente legata a quella del nostro pianeta
La pandemia da COVID-19 ha dimostrato ancora una volta che gli impatti negativi sulla salute individuale e collettiva dovuti alle conseguenze di un rapporto predatorio e utilitaristico nei confronti degli altri esseri umani e della biosfera possono essere devastanti. La lista di questi impatti non si limita alle zoonosi, ma comprende le conseguenze legate ai sempre più frequenti eventi meteorologici estremi (inondazioni, uragani, ondate di caldo e gelo), l’aggravarsi di patologie legate alla qualità ambientale, come asma e allergie, patologie cardiovascolari e respiratorie. Discorso a parte meritano i disturbi psichici che possono insorgere in coloro che sopravvivono a fenomeni estremi come alluvioni, frane, incendi e uragani.
Le nostre azioni, ormai ne siamo consapevoli, causano reazioni che spesso non possiamo prevedere, i rischi e le sfide che abbiamo davanti sono sempre più di livello globale, la tecnica sembra avere una volontà propria, che non sempre coincide con gli interessi della nostra specie e le disuguaglianze nella distribuzione del benessere materiale e immateriale sono sempre più profonde, con conseguenze inaccettabili sulla salute delle persone.
Al tempo stesso, però, abbiamo oggi – per la prima volta – gli strumenti per progettare e scrivere il nostro futuro, attivando e disattivando relazioni inedite a tutti i livelli. Dall’infinitamente piccolo dell’ingegneria genetica all’infinitamente grande delle esplorazioni spaziali. E questa capacità di collegare ciò che è sempre stato scollegato e al contrario scollegare ciò che abbiamo sempre considerato per sua natura unito è proprio una delle caratteristiche principali della comunicazione.
A monte di tutto questo, infatti, c’è il vero problema, che è quello del paradigma comunicativo cui continuiamo ad affidare una rivoluzione culturale, sociale, politica, economica come quella che indichiamo come ‘sostenibilità’.
Cambiare paradigma comunicativo per superare il Paradosso della sostenibilità
La sostenibilità per realizzarsi necessita di una ridefinizione di idee che sono alla base del nostro sistema socio-culturale, a cominciare dall’idea che si ha di energia, potere, forza, valore. Un paradigma meccanicistico come è quello della comunicazione che domina nel nostro sistema è incapace di progettare un sistema-mondo diverso da questo che sta implodendo. Questa comunicazione non è in grado di immaginare, di progettare, di concretizzare una realtà che non si basi su una visione della conoscenza e su una morale che non siano gerarchiche, trasmissive e che non impongano un comportamento emulativo.
Superare questo paradigma comunicativo, e il Paradosso della sostenibilità che da esso deriva e che contemporaneamente lo rinforza, è il primo passo per impostare su basi radicalmente nuove il rapporto tra cura di sé e cura del pianeta, tra salute delle persone e salute dell’ambiente.
In questa prospettiva, le attività e i progetti di ricerca sviluppati in questa trama, molti dei quali riguardano l’ambito agricolo, contribuiscono alla definizione, basata sulla legittimazione sia dei saperi e delle competenze provenienti dal mondo della Scientia, sia da quello dell’Usus, di traiettorie di sviluppo sostenibili e mirate a contrastare gli impatti negativi dei cambiamenti climatici sulla salute dell’uomo e del pianeta.
In questo senso, questi progetti promuovono l’attivazione di processi di autovalutazione, di aumento della consapevolezza e di rafforzamento della possibilità di agire a livello individuale e collettivo e, quindi, di processi di innovazione sistemica, inclusiva e partecipativa.
I progetti
La comunicazione generativa per i Gruppi Operativi
Il progetto di ricerca CfGC, sviluppato in collaborazione con Coldiretti Toscana e CAICT e a cui collaborano numerose realtà provenienti sia dal mondo dell’imprenditoria agricola sia da quello della ricerca scientifica, mira a rafforzare la collaborazione tra questi due mondi attraverso l’implementazione di attività di community building nella comunicazione organizzativa delle attività dei Gruppi Operativi GO-CARD, GO-OLIMPOLLI, GO TINIA e GO IOCONCIV.
Ai fini di ottimizzare e rafforzare l’efficacia delle attività di innovazione che i Gruppi Operativi portano avanti, il CfGC assicura per ciascun Gruppo Operativo a cui partecipa:
- l’implementazione di una strategia di comunicazione, basata sull’esperienza precedentemente condotta con CAICT nell’ambito della misura 16.1 (la strategia viene costantemente ri-orientata sulla base dei feedback che emergono a mano a mano che il GO procede con le sue attività);
un’attività di documentazione, finalizzata a documentare tutte le attività comunicative portate avanti nell’ambito dei GO con l’obiettivo di ri-orientare costantemente la strategia per garantirne l’efficacia nel tempo.
Life PASTORALP
PASTORALP è un progetto LIFE (finanziato dall’Unione Europea) coordinato dal professor Marco Bindi del DAGRI dall’Università degli Studi di Firenze, che coinvolge partner italiani e francesi provenienti dalle istituzioni, dal mondo della ricerca e dalla gestione dei parchi naturali. Il progetto è iniziato il 1 ° ottobre 2017 e si concluderà il 30 marzo 2022.
Essendo uno degli ecosistemi più sensibili ai cambiamenti climatici e a disturbi antropici, i pascoli alpini sono stati identificati come hot spot per quanto riguarda i cambiamenti del clima e dell’uso del suolo. Il progetto LIFE PASTORALP unisce due approcci, biofisico e socio-economico, per affrontare la vulnerabilità dei pascoli alpini e offre strumenti per migliorarne la capacità di ridurla. Il progetto si basa su un approccio scientifico consolidato relativamente alle condizioni attuali delle comunità pastorali alpine e agli impatti previsti dei cambiamenti climatici futuri su queste comunità, con particolare attenzione a due parchi nazionali rappresentativi degli ambienti alpini occidentali: il Parc National des Ecrins (Francia) e il Parco Nazionale del Gran Paradiso (Italia). La consultazione e il coinvolgimento dei vari portatori di interesse, che insieme all’organizzazione delle attività di comunicazione organizzativa e community building è uno degli aspetti di cui si occupa il CfGC, è un elemento centrale di tutto il progetto.
La comunicazione generativa per il Piano di Azione Nazionale 2019
Il Center for Generative Communication affianca la Regione Toscana per l’elaborazione di una strategia di comunicazione basata sul paradigma generativo della comunicazione per il Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari «PAN».
Si tratta di una strategia orientata al community building funzionale a rispondere agli obiettivi della legge nazionale, che chiede ad ogni Regione di mettere in atto azioni di informazione per sensibilizzare gli operatori professionali e la popolazione sui rischi derivanti dall’uso dei prodotti fitosanitari per la salute umana e per l’ambiente.
Il contributo del CfGC va nella direzione di:
- far dialogare tra loro tutti i portatori di interessi che ruotano intorno al PAN;
- far emergere, analizzare e confrontare tra loro i bisogni espressi e inespressi di tutti i soggetti coinvolti (istituzioni, ricercatori, imprenditori, rivenditori, cittadini, etc.);
affiancare gli Assessorati regionali coinvolti (Ambiente, Agricoltura, Sanità) nell’individuazione e nella definizione delle attività da prevedere sia per sensibilizzare e informare i cittadini sia per fornire elementi di conoscenza agli operatori.
Centro di documentazione sulla comunicazione Terra/Spazio
L’esplorazione spaziale e la ricerca condotta in ambiente extraterrestre rappresentano settori in grande espansione, le cui ricadute concrete sui materiali, sui prodotti, sulle tecnologie che entrano a far parte delle nostre vite quotidiane, e che impattano direttamente sulla nostra salute e sul benessere sono tanto rilevanti quanto – spesso – misconosciute.
In questo contesto naturalmente transdisciplinare, ma in cui sono ancora molto ampi gli steccati che separano gli addetti ai lavori dalla cittadinanza, si inserisce il Centro di Documentazione sulla Comunicazione Terra/Spazio, nato per rispondere all’esigenza di comunicare efficacemente la ricerca, gli investimenti, le attività e i benefici connessi all’esplorazione dello spazio, contribuendo al tempo stesso a dare vita a inedite forme di cittadinanza planetaria.
Per questo il CfGC intende impegnarsi, attraverso il nuovo Centro di Documentazione, nell’analisi degli impatti sociali, politici, culturali, economici e tecnologici che riguardano l’esplorazione del cosmo, e nella realizzazione di soluzioni comunicative efficaci per valorizzare le risorse provenienti dalle ricerche spaziali, mettendo a sistema individui, gruppi, ricerche ed esperienze in ambiti disciplinari diversificati attraverso strategie di community building orientate alla condivisione e alla generazione di nuova conoscenza.
Territori in salute
Territori in salute
Come trasformare l’ascolto dei cittadini in una risorsa per migliorare i servizi
La ricerca del CfGC
Il problema individuato
Parlare di “salute diffusa” significa credere nella centralità di costruire – e laddove già presenti, ma poco strutturate, rafforzare – trame di relazioni tra i centri di specializzazione medico-scientifica, i presidi sanitari presenti sul territorio, le associazioni di malati e i cittadini che hanno il diritto di conoscere e fruire in maniera più consapevole i servizi erogati da ospedali, dai presidi e dalle associazioni che lavorano sul tema della prevenzione e della cura.
Per assolvere alla vocazione di ‘Territorio in salute’ è, quindi, necessario andare oltre l’attuale modello “a rete”, che sempre più organizzazioni hanno adottato, e progettare un differente modello che interpreti l’organizzazione – intesa sia come persone che come dinamiche comunicative che la compongono – come un sistema vivente che si alimenta della continua interazione e dello scambio di conoscenza tra tutti gli elementi del sistema stesso: medici, personale socio-sanitario, responsabili organizzativi, ufficio stampa, associazioni, malati etc.
Un modello in cui ricoprono un ruolo cruciale i cittadini che abbandonano i panni del consumatore e indossano quelli del cittadino-coprogettista, attivando così i meccanismi di feedback necessari per ripensare, ottimizzare i processi organizzativi, migliorare la qualità dei servizi e del modo in cui sono comunicati.
L’obiettivo ultimo, infatti, è quello di generare una conoscenza condivisa, costantemente aggiornata in termini partecipativi e cooperativi da tutti i soggetti coinvolti in un processo che sia efficace nel dare nuova centralità ai contenuti: una centralità dalla quale non è più possibile prescindere per rafforzare il ruolo attivo dei cittadini nel porre domande in maniera consapevole, favorire la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti alle decisioni e agli atti di programmazione, di governo e di valutazione delle prestazioni e dei servizi, garantire al servizio pubblico le risorse – in termini di conoscenza – per fornire risposte adeguate.
La tesi del CfGC
Le attività di ricerca mirano a sperimentare modalità di ascolto e coinvolgimento della cittadinanza, progettate e implementate per far emergere dati e informazioni che possano trasformarsi in elementi di conoscenza utili a migliorare i servizi sanitari e il loro uso.
In questo scenario, la ricerca mira a identificare i flussi comunicativi – e i relativi strumenti – sviluppati dalle aziende sanitarie per rafforzare la relazione tra il fronte interno e il fronte esterno. Molto spesso, infatti, gli uffici che si relazionano con il pubblico (dai centralini, agli URP fino agli uffici reclami) si trovano davanti a due difficoltà:
- non hanno elementi a sufficienza per rispondere adeguatamente alle domande che provengono dalla cittadinanza;
- non hanno gli strumenti per riportare all’interno delle proprie organizzazioni, in una logica progettuale, il percepito che emerge dalle telefonate, dalle segnalazioni e, più in generale, dal contatto diretto con il pubblico.
Queste criticità segnalano una scarsa relazione tra la comunicazione interna e la comunicazione esterna, troppo spesso gestite – all’insegna di una logica meccanicistica – come compartimenti stagni all’interno delle stesse organizzazioni.
L’attività di ricerca proposta, quindi, lavora per risolvere questa dicotomia attraverso l’ideazione e la progettazione di flussi comunicativi capaci di avviare processi realmente generativi di conoscenza, potenziando il ruolo strategico degli uffici deputati alla relazione con la cittadinanza e migliorando l’intero sistema organizzativo e, soprattutto, i servizi offerti ai cittadini.
In sintesi, la convinzione che guida questa attività di ricerca è la seguente: una buona comunicazione dei servizi socio-sanitari deve essere l’esito semplice di un processo complesso. Ciò significa attivare processi comunicativi generativi, che siano contemporaneamente in grado di:
- mettere in atto una comunicazione nei servizi, attivando quindi una partecipazione attiva degli utenti fin dalla fase di ideazione degli stessi servizi;
mettere in atto una comunicazione dei servizi centrata sui bisogni dei cittadini e non sull’organizzazione dell’ente erogatore, rendendone più immediata e semplice la comprensione e la fruizione.
Attività di sperimentazione legate alla ricerca
Master Comunicazione Medico-Scientifica e dei Servizi Sanitari
Il Master di primo livello, realizzato all’interno dell’Università di Firenze, nasce in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi e con numerosi partner tra cui organizzazioni, istituzioni e associazioni impegnate da anni nel campo medico-scientifico e sanitario sia a livello regionale che a livello nazionale. Questo percorso formativo rientra nel più ampio progetto di ricerca del CfGC che mira a sperimentare interventi comunicativi per ridefinire i flussi comunicativi interni ed esterni con le organizzazioni partner e per favorire una corretta informazione ponendo al centro la qualità e l’autorevolezza dei contenuti. La convinzione di partenza è che per una buona comunicazione sia necessario partire dall’ascolto del cittadino e/o paziente per far emergere i bisogni inespressi, le domande e le criticità, trasformando i dati che emergono in elementi di conoscenza attraverso i quali migliorare l’intero sistema dei servizi socio-sanitari e, di conseguenza, rafforzandone la comunicazione.
Il Master, quindi, grazie ad percorso formativo di natura consulenziale, ha come obiettivo la realizzazione di progetti concreti che sono sviluppati dai corsisti stessi (sia coloro che già lavorano all’interno di un’organizzazione partner, sia chi non lavora ma che prende parte ad una collaborazione già in essere), con il supporto della comunità di esperti che ruota intorna al Master: medici, ricercatori ma anche professionisti della comunicazione.
Per consultare la pagina del Master: www.cfgc.unifi.it/mastercomunicazionesalute
PRIN Migrant children's participation and identity construction in education and healthcare:
Il CfGC è parte del gruppo di lavoro coordinato dal professor Claudio Baraldi, Professore Ordinario del Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, che ha vinto il bando PRIN 2017 (Area Scienze sociali e umanistiche (SH) – Linea d’intervento principale). Il progetto mira ad indagare i processi di costruzione dell’identità e le possibilità di partecipazione attiva dei bambini migranti nei contesti scolastici e nei sistemi sanitari e a promuovere l’implementazione di un sistema di facilitazione per favorire la loro partecipazione attiva. Le attività di ricerca previste dal progetto sono condotte a Alessandria, Firenze, Modena, Reggio Emilia, Torino e Udine.
La sperimentazione prende spunto dall’analfabetismo dilagante relativo alla complessità della società contemporanea e dalle conseguenti difficoltà che i cittadini sperimentano nell’orientarsi e nell’usare consapevolmente strutture e servizi diffusi sul territorio: le persone non sanno più leggere i luoghi in cui vivono e operano quotidianamente, nel senso che non sanno più riconoscere le risorse che li caratterizzano. Uno degli ambiti in cui questo dato emerge più chiaramente è quello del Sistema Sanitario e della sua comunicazione sul territorio.
Qual è il problema? L’attuale paradigma comunicativo – gerarchico, trasmissivo ed emulativo – implementato dal Sistema Sanitario regionale si risolve spesso in un mero marketing dei servizi che, invece di coinvolgere tutti i potenziali portatori d’interesse e favorire lo stabilirsi di relazioni di fiducia tra cittadini e professionisti della salute, di fatto li considera utenti passivi di una serie di prodotti predisposti a monte, allontanandoli ulteriormente tra loro e consolidandone la frammentazione. E le realtà associative (fondazioni, associazioni di malati etc) che si occupano di operare a più stretta vicinanza con il cittadino non riescono a fare sistema tra loro, disperdendo la loro preziosa azione in piccoli rivoli e non strutturandola in un‘attività coerente.
In un contesto nel quale la diversità separa, co-ideare e co-progettare oggetti comunicativi nel contesto di un progetto di comunicazione intesa come comune-azione nel Sistema Sanitario regionale diffuso sul territorio è l’unica strategia da seguire per far dialogare tra loro tutti i portatori d’interesse e i potenziali fruitori, creando convergenze tra bisogni divergenti, riunendo soggetti che tradizionalmente non dialogano tra loro e aggregando la miriade di associazioni che si occupano di affiancare cittadini con difficoltà – migranti in primis – intorno ad un obiettivo comune, da raggiungere attraverso un lavoro collettivo da portare avanti fianco a fianco.
La ricerca risponde a uno dei principali bisogni percepiti a livello di Usus: quello di avvicinare il Servizio Sanitario alle comunità presenti sul territorio, con un focus sui bambini e sui ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo livello, promuovendo una costante partecipazione e il coinvolgimento dei cittadini negli stessi servizi, nella loro gestione e nel loro sviluppo e, quindi, favorendone la conoscenza e un utilizzo sempre più consapevole.
Oltre l’analfabetismo paesaggistico funzionale
Oltre l’analfabetismo paesaggistico funzionale
Cittadini, nuove mobilità e processi d’automazione
Progettare, e non subire, l’evoluzione della tecnologia
Scrittori (in)consapevoli del paesaggio
Il progresso tecnico e tecnologico ha da sempre contribuito a trasformare il rapporto fra l’uomo e il suo ambiente. I luoghi stessi che abitiamo, viviamo e agiamo possono essere considerati sistemi ibridi di materialità e mobilità, fatti di oggetti, tecnologie, persone e pratiche sociali che combinati insieme producono specifiche azioni, in specifici luoghi e in specifici momenti. I luoghi, i paesaggi costruiti dall’uomo nell’arco di secoli sono, in ultima analisi, il risultato dinamico di una complessa rete di relazioni in costante evoluzione.
Negli ultimi anni la crescente diffusione di nuove tecnologie e applicativi robotici sta introducendo nella nostra quotidianità processi di automazione che tendono a riscrivere, a ridefinire significativamente la relazione fra l’individuo e la società. In questo contesto anche la nostra conoscenza del territorio è sempre più mediata dalla nuove tecnologie: ci permettono di leggerlo, di conoscerlo approfonditamente (basti pensare alla tecnologia GIS e alle sue molteplici declinazioni), di fruirlo e di attraversarlo tracciando percorsi (grazie alle nuove app di mobilità) e, quindi, di trasformarlo profondamente e più velocemente di quanto sia mai stato possibile prima.
L’attuale automazione dei processi e le nuove tecnologie, quindi, stanno riscrivendo il territorio e suoi paesaggi, il modo in cui li si conosce e li si governa, il modo in cui ci muoviamo in essi e li attraversiamo, la loro stessa identità. Un processo, quello a cui stiamo assistendo, che non è certamente privo di rischi e criticità: ci sono tecnologie che migliorano la mobilità di alcuni rafforzando contemporaneamente l’immobilità di altri, che permettono ad alcuni di trasformare territori e paesaggi a seconda delle proprie necessità impedendolo, al tempo stesso, ad altri.
L’identità del territorio, di conseguenza, è mediata non soltanto dalle relazioni tra i soggetti che lo vivono, lo abitano, lo lavorano o lo attraversano, ma anche dalle tecnologie utilizzate, capaci di ridisegnare le caratteristiche più profonde dei luoghi e dei paesaggi, quali le fitte relazioni tra le diverse tipologie di risorse (economiche, sociali, culturali) che li costituiscono.
Se il territorio può essere considerato come un sistema vivente la cui identità, in continua ridefinizione, si sviluppa in base alle relazioni che si instaurano tra i differenti soggetti che su di esso operano, le nuove tecnologie possono essere pensate per valorizzare quegli aspetti che caratterizzano i luoghi e nei quali le persone si riconoscono (la storia, le tradizioni, la conoscenza territoriale, le esigenze di oggi e di domani): in questo modo sarà possibile favorire l’aggregazione e il rafforzamento di comunità di interessi, conoscenze, pratiche e risorse che a loro volta contribuiranno a valorizzare le trame territoriali, attivando fenomeni di trasformazione degli spazi in luoghi e in paesaggi.
Empowerment dei cittadini: favorire un ruolo attivo e consapevole nella progettazione dei nostri territori
In questo scenario, le immense potenzialità della nuova mobilità nel mettere in comunicazione, connettere, congiungere o, viceversa, disconnettere, scollegare, isolare, rappresentano uno strumento potente non per rendere questo mondo più piccolo ma per riscrivere la nostra realtà socio-economica. Non più spazi da attraversare il più rapidamente possibile, così da ridurne le dimensioni e miniaturizzarne le distanze; ma terre di mezzo tutte da esplorare, da progettare, da costruire.
Dai progetti del CfGC, tuttavia, emergono due elementi di forte criticità:
- il diffuso analfabetismo paesaggistico, che porta cittadini e portatori d’interesse a non saper più leggere – nel senso di analizzare e comprendere – e, quindi, scrivere – nel senso di progettare – gli ambiti in cui vivono e operano quotidianamente; fino a favorire vere e proprie attività di pirateria paesaggistica, quando tale analfabetismo è indotto e promosso da gruppi di potere che hanno tutto l’interesse a perseguire – tenendoli nascosti – i propri interessi, a discapito del bene comune;
- la totale disattenzione dei decisori politici nei confronti delle trasformazioni ingenerate dalle nuove tecnologie e la loro assenza in fase di progettazione dell’innovazione. Questa, infatti, dovrebbe essere frutto di una concertazione tra i tecnici che sviluppano l’innovazione, gli esperti che portano dati utili alla progettazione, i potenziali utenti che, normalmente, sono coinvolti solo in fase di sperimentazione e non di ideazione/progettazione e i politici, per un orientamento forte degli obiettivi che le nuove tecnologie devono perseguire.
Appare subito evidente l’importanza di definire il ruolo che, in tale contesto, hanno i cittadini: si limitano a utilizzare passivamente servizi sempre nuovi, in grado di semplificare le pratiche quotidiane di mobilità, o sono in grado di ripensare criticamente le proprie abitudini e i propri comportamenti, ridefinendo la fruizione degli spazi e dei luoghi a partire dalle app che hanno contribuito a progettare?
Questa, che qui applichiamo all’ambito della mobilità, è l’ulteriore definizione di una domanda più generale che oggi è – a parere nostro – una delle più rilevanti: chi guida l’innovazione? E quali sono i suoi scopi?
In gioco non c’è solo la possibilità di avere un sistema di mobilità più efficiente e sostenibile o un sistema informativo più esaustivo, ma – riguardando l’accesso alle informazioni di ambito territoriale e la possibilità di modificare i luoghi della propria vita – è strettamente relazionato alla qualità stessa della democrazia.
I progetti
Sii-Mobility
Sii-Mobility – Supporto all’interoperabilità integrata per i servizi ai cittadini e alla pubblica amministrazione – è un progetto Smart City nazionale, co-finanziato dal MIUR in quanto vincitore del bando Smart Cities and Communities and Social Innovation per l’area Trasporti e mobilità terrestre. Il progetto è coordinato dal prof. Paolo Nesi e coinvolge oltre 20 partner di ricerca e industriali. Il CfGC partecipa occupandosi di tutti gli aspetti che riguardano il ruolo dei cittadini: dalle politiche di incentivazione dei comportamenti virtuosi all’analisi dell’usabilità dei servizi offerti, fino all’indagine della percezione di quegli stessi servizi (app, piattaforma di partecipazione e sensibilizzazione, totem) da parte degli utenti.
Il progetto Sii-Mobility ha al centro la produzione, l’aggregazione, l’interpretazione e la distribuzione di una immensa mole di dati riguardanti la mobilità. Dallo stato del traffico in tempo reale alla mappatura delle piste ciclabili, passando per lo stato del trasporto pubblico locale, i posti liberi nei parcheggi, le condizioni meteorologiche e lo stato dell’inquinamento. I cittadini sono i principali destinatari di queste informazioni, che possono conoscere attraverso le diverse soluzioni previste dal progetto (app, portale web, totem).
La sfida della ricerca consiste nel ribaltare questo rapporto. I cittadini, oltre a essere produttori più o meno consapevoli dei dati – attraverso i device che costantemente si portano in tasca – e consumatori finali ma passivi, possono assumere un ruolo più attivo, di co-progettisti? Gli utenti sono al servizio del sistema-mobilità o il sistema-mobilità è al servizio del cittadino?
Attraverso strumenti e tecniche di ricerca sociale, quindi, il gruppo di ricerca monitora la risposta dei cittadini all’implementazione proposta dal progetto Sii-Mobility che punta a fornire una soluzione per migliorare l’offerta dei servizi alla cittadinanza nella mobilità e rafforzare, così, i flussi di comunicazione della pubblica amministrazione.
Il CfGC, infine, ha collaborato con TIME Group S.r.l., Softec S.p.A. e Geoin S.r.l. alla realizzazione della piattaforma di sensibilizzazione e partecipazione, uno dei principali canali di comunicazione previsti dal progetto per condividere con i cittadini, in un’ottica bidirezionale, l’ingente mole di informazioni prodotte (anche in tempo reale) sulla situazione della mobilità.
Comunicare il nuovo Regolamento Urbanistico di Viareggio
Da aprile 2018 il Center for Generative Communication supporta il Comune di Viareggio nella condivisione dei contenuti del nuovo Regolamento Urbanistico con i principali portatori di interesse (cittadinanza, ordini professionali, categorie economiche e associazioni cittadine).
La definizione del nuovo Regolamento Urbanistico, realizzato in collaborazione con l’Università di Firenze, è un traguardo di forte impatto per Viareggio, andando a colmare un vuoto normativo creatosi circa vent’anni fa. Per questo il Comune ha voluto avviare, certificandone la scientificità con il coinvolgimento del CfGC, un processo di verifica e di condivisione dei risultati dell’impegnativo percorso portato a termine per arrivare all’adozione di questo strumento. Un percorso di ascolto e comunicazione orientato, da un lato, a informare portatori d’interesse e cittadini sui punti chiave del Regolamento e sulle scelte operate dall’Amministrazione e, dall’altro, a suscitare discussione e confronti nell’ottica di massimizzare la produzione di osservazioni formali da integrare, come richiesto dalla normativa vigente.
Seguendo la metodologia generativa, il CfGC ha definito la strategia di comunicazione alla base delle riunioni e degli incontri informativi da realizzare con l’obiettivo di costruire una comunità di interessi (community building), così da generare uno scambio quanto più diretto e operativo tra decisore politico, tecnici, cittadinanza, ordini professionali, categorie economiche e associazioni cittadine.
Il progetto ha riguardato inizialmente l’individuazione di quei sistemi di relazioni e interazioni fra soggetti presenti sul territorio capaci di valorizzare la propria specificità, realizzando cooperativamente obiettivi comuni.
Da qui è stato possibile definire una strategia comunicativa divisa in due fasi: la prima ha riguardato l’ascolto e il recepimento dei bisogni degli ordini professionali, delle categorie economiche e delle associazioni cittadine; la seconda, invece, ha coinvolto direttamente la cittadinanza.
In questa prospettiva, il CfGC ha predisposto (maggio 2018) tre incontri dedicati rispettivamente agli ordini professionali, alle categorie economiche e alle associazioni cittadine e (giugno – luglio 2019) un percorso informativo basato su cinque incontri con la cittadinanza, ognuno dedicato a a quartieri specifici (Centro Storico, Marco Polo, Città Giardino e Don Bosco; Campo d’Aviazione e Darsena; Migliarina e Terminetto; Varignano e Bicchio; Torre del Lago). In questo modo è stato possibile presentare a tutti i soggetti potenzialmente interessati il nuovo RU adottato, unitamente alle scelte compiute dall’Amministrazione in merito ai diversi quartieri.
Identità, cittadinanza partecipazione
Identità, cittadinanza partecipazione
Community building e strategie di inclusione nei servizi educativi e sanitari
La comunicazione generativa per
una nuova forma di cittadinanza
Superare il paradigma meccanicistico della comunicazione
Nei contesti educativi, i bambini sono troppo spesso considerati incapaci di generare conoscenza; tale pregiudizio è più radicato nel caso dei bambini migranti a causa delle loro difficoltà nell’uso corretto della lingua e, di conseguenza, nei processi di socializzazione. Il paradigma comunicativo dominante, quello meccanicistico, e il modello di interazione prevalente portano all’adattamento dei bambini migranti al contesto scolastico, producendo un adeguamento alle aspettative educative sulla loro identità culturale piuttosto che aumentare le loro possibilità di intervento sull’ambiente sociale di riferimento.
Attraverso un’approfondita attività di analisi sul campo, la ricerca promuove la conoscenza dei processi che possono ostacolare o migliorare l’agency dei bambini migranti e la definizione della loro identità in ambito sanitario e scolastico, concentrandosi su
- le forme di collaborazione tra scuole e servizi sanitari, e i relativi elementi di criticità;
- i modi per facilitare la comunicazione in classe e nel contesto medico-sanitario;
- i modi di fornire una efficace mediazione linguistica e interculturale.
Intersectionality, agency e hybrid identity: parole chiave per la nuova cittadinanza
In che misura il diritto alla partecipazione attiva dei bambini migranti è garantita nella società italiana, a partire dai contesti educativi e sanitari? La condizione sociale della complessa e variegata categoria dei bambini migranti può essere analizzata a partire dall’utilizzo di concetti quali quelli di intersectionality (intersezionalità), agency e hybrid identity (identità ibrida).
L’intersezionalità è importante per capire la varietà delle condizioni dei bambini migranti. Secondo questo approccio, la vita umana è condizionata dall’interazione di diversi fattori socio-culturali, tra cui diversità culturale, genere, classe, geografia, età, abilità, stato. Questa interazione è modellata da vari e connessi sistemi, come l’istruzione, l’assistenza sanitaria, la legge, la politica, l’economia, la religione, i media.
Questi sistemi differenziano i diritti e le opportunità dei bambini migranti.
Recentemente, la maggior parte degli studi sulla partecipazione dei bambini nelle società occidentali ha sottolineato l’importanza dell’agency come forma specifica di partecipazione, basata sulla disponibilità di scelte di azione da parte dei bambini in grado di promuovere il cambiamento nei relativi contesti sociali.
L’identità può essere concepita come costruzione sociale, ossia come prodotto contingente di negoziazione sociale. I bambini, che siano migranti o non, dovrebbero essere messi nelle condizioni di esercitare l’agency nella costruzione delle loro identità ibride.
I progetti
Migrant children’s participation and identity construction in education and healthcare
Il CfGC è parte del gruppo di lavoro coordinato dal professor Claudio Baraldi, Professore Ordinario del Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, che ha vinto il bando PRIN 2017 (Area Scienze sociali e umanistiche (SH) – Linea d’intervento principale). Il progetto mira ad indagare i processi di costruzione dell’identità e le possibilità di partecipazione attiva dei bambini migranti nei contesti scolastici e nei sistemi sanitari e a promuovere l’implementazione di un sistema di facilitazione per favorire la loro partecipazione attiva. Le attività di ricerca previste dal progetto sono condotte a Alessandria, Firenze, Modena, Reggio Emilia, Torino e Udine.
Il progetto analizza politiche, pratiche, aspettative ed esperienze, al fine di comprendere:
- l’intersezione di fattori che condizionano i diritti dei bambini migranti e le opportunità di partecipazione (cultura, genere, classe, geografia, età, abilità, status);
- le condizioni di agency dei bambini migranti, come azioni che mostrano le disponibilità di scelte e contribuiscono a formare i contesti sociali;
- la produzione dell’identità ibrida attraverso le negoziazioni basate sull’esercizio di agency da parte dei bambini.
L’analisi si concentra sia sulla facilitazione della comunicazione e della mediazione linguistico-culturale nell’istruzione e nella sanità, sia sulla collaborazione tra organizzazioni educative e sanitarie. Il progetto così cerca di favorire l’innovazione attraverso la raccolta organizzata di materiali di ricerca e la fornitura di strumenti metodologici per la formazione, l’intervento e la definizione delle politiche nell’ambito dell’educazione e dei servizi sanitari.
Il CfGC partecipa attivamente a tutte le fasi del progetto, dall’iniziale ricerca propedeutica alle fasi di analisi quantitativa, qualitativa e valutativa, per concludere con le attività di comunicazione, dissemination e formazione. Più nello specifico, il ruolo del Centro nel progetto prevede il coordinamento della fase di ricerca quantitativa e di alcune delle attività di comunicazione e formazione (content publishing, MOOC, e-book).
Valorizzare l’olio d’oliva tra tradizione e innovazione
Valorizzare l’olio d’oliva tra tradizione e innovazione
Cultura, ambiente, salute, tecnologia e sviluppo economico
L’olio d’oliva come patrimonio culturale
Un'analisi dell'immaginario: il valore simbolico e materiale dell’olivo
In Toscana l’olivo è la coltura più diffusa ed esprime un patrimonio di biodiversità enorme: ogni varietà ha caratteristiche agronomiche e qualitative proprie che la legano alla specifica zona di coltivazione, restituendo una serie di oli di oliva unici, differenti da tutti gli altri esistenti.
Al tempo stesso intorno all’olio ruota – non solo in Toscana – un patrimonio immateriale di saperi, di tradizioni, di culture ampio e diversificato, spesso purtroppo non sufficientemente conosciuto, ri-conosciuto e valorizzato nei processi materiali di produzione e consumo. In sintesi, ad un forte valore simbolico di questo prodotto corrisponde un debole valore materiale, che spesso si traduce in un abbandono delle ulivete.
I primi dati emersi dalle analisi del CfGC evidenziano alcune criticità del sistema-olio toscano:
- In Toscana, come nella maggior parte del Mediterraneo, l’olivicoltura è in mano ai piccoli produttori;
- In Toscana buona parte degli olivi sono coltivati in zone marginali, per cui la resa è mediamente bassa e l’attività insostenibile in termini economici;
- Di olivi e di olio si parla spesso in termini generalisti e non specializzati: nonostante si coltivino in Toscana 119 varietà (cultivar) di olivo esistenti, si parla sempre di olio e mai di oli;
- Il Knowledge che riguarda l’olio sia in termini materiali che immateriali è diffuso e spesso non riconosciuto: è scarsamente sfruttato e rischia, non essendo utilizzato, di disperdersi.
I punti introdotti sopra restituiscono il quadro di un’olivicoltura che, nonostante il suo potenziale valore strategico, manifesta delle evidenti criticità a livello culturale e comunicativo, scaturite dalla difficoltà di mettere in comune esperienze, conoscenze, informazioni, know-how, etc. tra i diversi portatori d’interesse: i produttori, i consumatori, le associazioni di categoria e le istituzioni ad essa collegate, il mondo della ricerca e della formazione. Questa difficoltà di comunicare riguarda al tempo stesso i diversi ambiti in cui l’olio, per sua natura, può svolgere un ruolo matriciale di grande rilievo: dalla valorizzazione del patrimonio culturale (a cui si è già fatto cenno) fino allo sviluppo economico e al rilancio dell’occupazione nei territori rurali, dalla promozione di stili di vita sani alla prevenzione delle malattie, dallo sviluppo/diffusione delle nuove tecnologie in ambito agricolo ai necessari processi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
In sintesi, le domande di ricerca che hanno guidato il CfGC sono:
- Che tipo di relazione c’è tra gli aspetti materiali e quelli simbolici legati a questo prodotto? In altre parole, qual è il rapporto tra la produzione e il consumo dell’olio, da una parte, e i comportamenti, le aspettative e la cultura dei soggetti che a vario titolo gravitano intorno a questo prodotto, dall’altra? In che modo il piano simbolico rafforza – o potrebbe rafforzare – il piano materiale, e viceversa?
Olivi-cultura come driver di sviluppo del territorio
La ricerca prende le mosse dalla convinzione che l’olio di oliva non sia un alimento che può essere prodotto indistintamente ovunque: l’olio toscano e il suo processo produttivo sono non solo parti importanti del patrimonio materiale regionale, ma anche – e soprattutto – una fondamentale risorsa culturale immateriale, che affonda le proprie radici nella storia, nella cultura, nelle tradizioni dei territori. Una risorsa complessa, quindi, che ha caratteristiche di unicità e irripetibilità che contribuiscono a definirne il valore locale in termini culturali, economici, sociali, paesaggistici.
La ricerca, inoltre, si basa sulla convinzione che la cultura (prima ancora della coltura) dell’olio di oliva possa essere un potente – ma ancora oggi, purtroppo, sotto-utilizzato – strumento di aggregazione funzionale a creare ‘comunità’: un elemento caratterizzante della nostra cultura e della nostra società e, quindi, un potenziale driver di sviluppo territoriale capace di mettere a sistema il valore locale con la dimensione globale in termini culturali, economici, sociali e di qualità della vita.
La sfida che la ricerca affronta, paradossalmente, non deriva da una scarsità, ma da un eccesso di risorse. E non perché le singole risorse siano infinite, ma perché la trama che si può scrivere tra loro, fisicamente e simbolicamente, materialmente e immaterialmente, offre infinite combinazioni, ognuna delle quali ridefinisce a sua volta l’identità di ciascun elemento singolarmente considerato. Il knowledge sul mondo dell’olio, infatti, è ampio e diffuso sul territorio, fatto di tante risorse che spesso sono ignorate sconosciute se non addirittura sconosciute.
I primi ambiti in cui la ricerca si articola per analizzare e valorizzare la forza generativa (di socialità, di cultura, di risorse in senso più ampio) dell’olio riguardano il patrimonio culturale, la salute e il benessere, il mercato del lavoro e lo sviluppo economico, lo sviluppo di nuove tecnologie e i processi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
Per garantirne il valore scientifico, tutte le attività di ricerca condotte sono coordinate da un comitato tecnico-scientifico presieduto da Luca Toschi.
I progetti
Lo splendore ignorato. Valorizzare la cultura diffusa dell’olio d’oliva toscano
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la conoscenza acquisita e la memoria consolidata sull’olio di oliva (si vedano, tra gli altri, le indagini scientifiche già realizzate, i progetti innovativi realizzati in campo, i report prodotti ma anche – e soprattutto – tutto il materiale presente in archivi, biblioteche, musei diffusi sul territorio che non può in alcun modo essere lasciato fuori dal sistema di conoscenza che il progetto si prefigge di realizzare);
- altre risorse (conoscenze, saperi, memorie, tradizioni)> che non sono ancora state individuate come tali ma che emergeranno grazie all’inedita trama di relazioni che il progetto contribuirà a creare e a consolidare.
Olimpolli
Innovazione e tradizione nell’olivicoltura toscana
L’intervento si colloca nel contesto della partecipazione del CfGC al Gruppo Operativo Olimpolli , coordintato dalla Coldiretti Toscana, il cui obiettivo è quello di sperimentare nella nostra regione forme innovative (basate sull’utilizzo di droni) di impollinazione artificiale dell’olivo, al fine di aumentarne la produttività.
Grazie alla partecipazione al progetto di due aziende agricole fortemente caratterizzate (Tenuta Montagnani e Olearia Santella), il CfGC ha attivato un rapporto diretto di osservazione/monitoraggio in due contesti paradigmatici delle complesse modalità di interazione tra l’introduzione dei processi di innovazione (in primis tecnologica), da un lato, e la valorizzazione della tradizione, dall’altro.
Innovazione e contesto aziendale
Le due aziende si prestano particolarmente all’approfondimento della relazione tradizione/innovazione, in quanto sembrano apparentemente posizionate ai due estremi dello spettro:
- Tenuta Montagnani, situata a San Gimignano, è condotta da un giovane imprenditore (35 anni) «che ha rilevato l’azienda della madre Silvana dando all’azienda un’impronta dinamica specializzandosi nella produzione di olio extra vergine di oliva di alta qualità»
- Olearia Santella è condotta dalla famiglia Santella, la cui storia «è fortemente radicata al territorio d’origine ed è una storia vera di uomini e di lavoro, di competenze e di entusiasmi, tramandati.»
Oltre il conflitto
Oltre il conflitto
Un altro modo per comunicare la giustizia
Comunicazione e mediazione nei processi di innovazione
Superare l'obsoleto paradigma gerarchico, trasmissivo, emulativo
Molto spesso la risoluzione dei conflitti in un contenzioso limita la libertà degli individui e rischia di fornire risposte insoddisfacenti per l’una o l’altra parte.
Una delle cause di tale criticità è l’utilizzo di un modello di comunicazione gerarchico e coercitivo che tenta di individuare soluzioni senza inserirle all’interno di un’ottica progettuale più vasta capace di individuare soggetti differenti da coinvolgere per andare oltre la dimensione conflittuale.
Emerge, infatti, la necessità di affrontare norme e regolamenti che bloccano o ritardano notevolmente lo sviluppo di processi innovativi. Per oltrepassare tale criticità è necessario trasformare quelle imposizioni tecniche che, spesso, non rappresentano la reale espressione dei valori e degli obiettivi dei soggetti che hanno posto tali regole. In questo caso la conflittualità riguarda il rapporto tra le forze orientate alla conservazione, all’auto-riproduzione, da una parte, e quelle tese all’innovazione, dall’altra.
La conflittualità al centro di un'inedita forma di progettualità
La conflittualità, se gestita attraverso tecniche comunicative ben precise, costituisce una potenziale risorsa che il processo generativo può valorizzare, un veicolo di innovazione dell’intero sistema, in grado di attivare relazioni prima misconosciute o ignorate, da un lato, e di rafforzare o ripensare il ruolo di quelle già in essere, dall’altro lato.
Il conflitto tra i soggetti coinvolti, se riconosciuto in tempo e gestito in maniera costruttiva, infatti, smette di essere la causa del fallimento di un processo di innovazione e diventa un segnale importante, un feedback fondamentale che permette a chi gestisce e governa il processo di correggerlo, di modificarne i programmi confermando e, anzi, rafforzandone, le strategie.
I progetti
La comunicazione generativa per il sito web di Un Altro Modo
Il CfGC ha attivato una collaborazione con il Laboratorio Congiunto Un Altro Modo (www.unaltromodo.org) – coordinato dalla Professoressa Paola Lucarelli del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Firenze – per favorire lo sviluppo di una maggiore cultura della mediazione e approfondire il ruolo giocato in essa dalla comunicazione.
Attraverso lo sviluppo dei contenuti del sito web del Laboratorio Congiunto, infatti, si intende costruire una comunità di soggetti provenienti dal mondo giuridico, accademico, dall’associazionismo e dalla cittadinanza in cui discutere le caratteristiche della “buona giustizia” e della mediazione.
L’obiettivo è quello di trovare soluzioni che rispondano alle problematiche emergenti dal territorio, attraverso il coinvolgimento di soggetti interni ed esterni al Laboratorio Congiunto. Mediante interviste, recensioni e presentazioni di progetti, quindi, il sito diventa un ambiente di comunicazione privilegiato per attivare relazioni con i potenziali partner da coinvolgere all’interno delle ricerche del CfGC e del Laboratorio Congiunto.
Il sito web di Un Altro Modo intende così affrontare alcune delle problematiche legate alla progettazione di processi d’innovazione che possano definirsi realmente inclusivi e trasversali.